Il futuro del porto turistico di Marina d'Arechi. Intervista ad Agostino Gallozzi
Marina d’Arechi con i suoi 340.000 mq di specchio acqueo e 1.000 posti barca fino a 100 m di lunghezza, si candida a diventare uno dei porti turistici più importanti del Mediterraneo. Lo scalo, posizionato al largo della costa sud di Salerno, rappresenta un collegamento con luoghi famosi in tutto il mondo: Amalfi, Positano, Capri, il Cilento, ma anche Ravello, Pompei, Ercolano e Paestum. Progettato dall’architetto Santiago Calatrava e dall’ingegnere Guglielmo Migliorino, Marina d’Arechi offre 8.700 mq di spazi commerciali e1000 posti auto. In vista della prossima stagione estiva, la prima di piena operatività delle strutture a mare, abbiamo intervistato il presidente di Marina d’Arechi Spa Agostino Gallozzi.
“Provengo da una famiglia da sempre collegata con il mare – racconta a Trasporti-Italia il presidente del Porto-. Il mio primo vero contatto con questa attività è avvenuto quando avevo solo 13 anni, grazie alla decisione di mio padre di imbarcarmi su una nave da carico diretta verso l’Inghilterra. Nei primi anni ’50 ci siamo attivati nel settore cargo e oggi gestiamo il Salerno Container Terminal SpA. Ma l’Italia ha due filoni: manifatturiero e turismo. L’ambito cargo rappresenta l’aspetto più pratico, la mente, noi abbiamo deciso di dare spazio anche al cuore, ovvero il mare vissuto come passione personale. Nasce qui l’idea del porto turistico di Marina d’Arechi”.
La prima pietra dello scalo è stata posta nel 2010 e la prima imbarcazione è approdata nel 2013. Marina d’Arechi nasce interamente con finanziamenti privati (l’unico partner è Invitalia che detiene il 30%). Perchè questa scelta, in controtendenza rispetto alla tradizionale richiesta di fondi pubblici?
“Si tratta di un investimento impegnativo a Salerno: 120 milioni di euro a regime, 82 fino ad oggi, che deve generare cash flow e attrarre il turismo del mare puntando sull’appeal della costiera amalfitana, cercando di superare il grave ostacolo in Italia: le autorizzazioni, per cui abbiamo impiegato 10 anni. Il concetto di infrastruttura nella visione ministeriale è troppo statica, mentre la logistica e la mobilità richiedono dinamicità poiché la domanda di trasporto è in continua evoluzione”.
Avete partecipato a diversi eventi internazionali che fungono da vetrina per porti e turismo, cosa è cambiato oggi nella cultura della gestione della nautica da diporto?
“Viviamo una realtà locale che ambisce a diventare globale, vogliamo intensificare la nostra presenza sui mercati internazionali – spiega Gallozzi-. Oggi la nautica deve presentarsi al mondo e ai potenziali clienti valorizzando tutta una serie di servizi e una nuova forma di accoglienza assimilabile a quella del villaggio turistico. L’attività di marketing internazionale prevede come prossimi obiettivi del porto Barcellona e New York, ma anche l’Italia.
Alla fine del nostro percorso di avvio della richiesta di autorizzazioni e dei primi investimenti, purtroppo ci siamo trovati in un momento di convergenza negativa per l’economia mondiale, con la nautica che subiva danni importanti, ed era tra i settori più colpiti. Si presentava una sfida importante perché il mondo stava crollando: un mercato in contrazione e scarsa propensione della clientela a investire in un posto barca. Ma noi abbiamo insistito”.
Quanto ha aiutato l’esperienza sul fronte merci?
“Partendo da un gruppo impegnato su altre attività, abbiamo potuto proseguire con il supporto a un settore che soffriva. La nautica dà una risposta al bisogno di valorizzare il tempo libero e gli affetti perché interpreta una passione importante il mare, che è meditazione ma anche aggregazione. L’uomo vive grandi pressioni e il mare è una grande possibilità che unisce il bisogno di svago e serenità. Forti di questa idea, ci siamo convinti che la nautica da diporto sarebbe ripartita. Dopo aver creato l’infrastruttura ora ci stiamo dedicando al ‘software’ spingendoci sui mercati, anche quelli internazionali. Abbiamo scelto di muoverci solo a porto finito su questi ultimi perché l’Italia sconta un handicap di credibilità all’estero. Adesso manca solo la parte alberghiera e alcune costruzioni esterne, la parte pubblica che comunque integra il sistema, in vista di una riqualificazione di tutta la zona. Per ora ci sono due ristoranti, bar e negozi: il porto è operativo e per la prossima stagione, abbiamo completato l’offerta dei posti barca. A terra offriamo un parcheggio con zona verde e terrazza sul canale, nonché passeggiata con attività commerciali che funzionano da cerniera con la città e il porto turistico”.
Che percentuale di diportisti vi aspettate dall’estero?
“Ci aspettiamo circa un 30% di imbarcazioni straniere e circa il 70% italiane, di cui 50% campane e 20% dal resto d’Italia. Sui mercati internazionali stiamo spingendo sul porto come territorio gateway per la costiera amalfitana. Il porto turistico non è solo un parcheggio per le imbarcazioni: il modello di gestione deve essere assimilato a quello di un villaggio turistico, di una struttura alberghiera, che accoglie in modo gioviale invitandolo il cliente a godere di tutte le bellezze del territorio circostante con cui il porto funziona da ponte di collegamento”.
Oggi che tipo di traffico state intercettando?
“Per ora imbarcazioni che prima erano stanziali in Francia o Spagna; inoltre stiamo curando il trasporto della stessa imbarcazione su nave dal nord Europa fino al nostro porto. Il tempo libero è prezioso, quindi offriamo anche questo servizio. Sta crescendo la quota dei clienti romani, che avranno la possibilità a breve di raggiungerci in circa un’ora mezza via treno. E sempre sul fronte intermodalità contiamo ancora sull’aeroporto di Salerno. Abbiamo un porto da 1000 posti barca, è necessario che sia collegato bene con le vie di comunicazione per rendere il più agevole possibile arrivi e partenze. Nella scorsa estate abbiamo occupato 550 posti barca: la prossima estate contiamo di arrivare a 700 imbarcazioni, fino a una saturazione nel 2019. Anche sul fronte tecnico abbiamo pensato a soluzioni ingegneristiche molto innovative che avessero, inoltre, un impatto ecosostenibile. Basti pensare alla barriera frangiflutti: un opera che misura 60 metri alla sua base ma che è stata concepita non per ostacolare il flusso delle onde, come si farebbe con i tradizionali cassoni in calcestruzzo, ma per accoglierle e attutirle, grazie ad un sistema a mosaico
Source: trasporti italia general